Territorio

Il marmo in toscana, nuove regole per una storia antica

Dai romani a Michelangelo, fino ai giorni nostri. La storia del marmo è la storia di Carrara, delle Apuane e dei cavatori. Ora un nuovo piano regolerà le escavazioni in tutta la regione

Qello tra Carrara e il marmo è un rapporto antico, complicato, glorioso e a tratti doloroso. Qua le Alpi Apuane guardano da vicino il mare, che ricambia con gratitudine per quella presenza imponente e solida che sembra voler proteggere e difendere la terra in cui hanno vissuto i liguri-apuani. Loro con l'escavazione pare avessero poco a che fare perché quella è una faccenda iniziata con l'avvento dei romani, poco più di un secolo dopo Cristo. Due millenni d'estrazioni hanno cambiato la morfologia delle montagne e dei territori regalando al tempo stesso preziose opere entrare a far parte della storia dell'arte, a cominciare da quelle di Michelangelo Buonarroti.

Carrara è il mare di Marina, è la tradizione anarchica, è l'arte, è la fatica. Carrara è l'Accademia, è il riflesso del sole sulle cave bianche delle Apuane, Carrara è negli occhi di generazioni di cavatori. Volti, sguardi e racconti che passano in rassegna nei video raccolti e messi in mostra al Museo civico del marmo, che in un percorso ben definito incarna e tramanda la memoria e la storia di una convivenza, quella col marmo, non priva di contraddizioni. Dal Museo civico al Centro di arti plastiche, dal Carmi (Museo Carrara e Michelangelo) all'Accademia di belle arti. Tante sono le tracce disseminate negli anni e cresciute da semi piantati in un'epoca che ormai ci appartiene solo in parte. Eppure è qua, a Carrara, che ancora oggi sono attive la metà delle cave presenti in tutta la Toscana. Ed è qua, a Carrara, che la Regione ha deciso di presentare il nuovo piano cave.

Di fatto si aggiorna il piano normativo che regolamenta il settore. Il lavoro è stato lungo, complesso, partecipato e faticoso. Però è quasi tutto pronto. Entro la fine dell'anno, raccolte le ultime osservazioni, diventerà operativo. E anche i comuni - 140 quelli toscani interessati dall'attività - si doteranno di dettagliati piani attuativi dei bacini estrattivi. A spiegare l'obiettivo dell'intervento è l'assessore regionale alla pianificazione del territorio, Vincenzo Ceccarelli:

“Abbiamo cercato soluzioni il più possibile condivise ed efficaci per dare a questo settore regole certe, chiare, attuali e capaci di coniugare lo sviluppo con la sicurezza del lavoro e la tutela di beni primari ed essenziali”

Una storia che ricomincia da qui e che si rinnova, senza per questo rinnegare la tradizione. Ma una particolare attenzione, stavolta, oltre che all'economia del territorio viene riservata per la tutela ambientale, tema attuale e prioritario rispetto all'equilibrio sistemico. E tutto questo si traduce in un concetto solo apparentemente semplice: quello della sostenibilità. Di fatto il nuovo piano, che coinvolge tutta la Toscana, prevede regole ben definite e omogeneo per tutte le province. “Il piano fa sintesi di tutti questi aspetti, dalla programmazione economica alla continuità delle attività estrattive. E tutto passa attraverso principi di sostenibilità” assicura Enrico Becattini, direttore del settore regionale che si occupa delle politiche della mobilità. “Abbiamo tenuto in considerazione sia gli aspetti ambientali e paesaggistici sia la tutela delle risorse ambientali. Lo abbiamo cercando di mitigare il più possibile le conseguenze di un'attività, quella estrattiva, che necessariamente continuerà e che ha degli impatti”.

Ma come si coniuga l'attenzione per l'ambiente con l'attività estrattiva? Una prima tutela arriva da quella che è stata comunemente definita come la “costituzione del territorio”, ovvero il Piano paesaggistico.

La Toscana è una delle poche regioni italiane ad aver realizzato una pianificazione insieme al ministero dei Beni Culturali